Uso secondario e autocostruzione per la riqualificazione energetica in Brasile
A Pelotas, nello stato brasiliano del Rio Grande do Sul, AK0 sta affiancando da diverso tempo un team dell'
Universidade Federal de Pelotas (UFPel)
nelle attività di assistenza tecnica in un quartiere di edilizia residenziale sociale della città.
Il quartiere Anglo comprende 89 case costruite con un intervento statale in sostituzione di abitazioni precarie che un gruppo di abitanti aveva allestito nel tempo lungo le sponde di un canale. Se da un lato, il programma governativo PAC (Programa de Aceleração do Crescimento) ha il merito di aver fornito una casa a molte famiglie, ha lasciato irrisolti alcuni aspetti di queste stesse abitazioni.
Uno dei problemi riscontrati nell'interazione con gli abitanti deriva dal fatto che le case hanno tutte esattamente lo stesso impianto tipologico; 36mq di superficie utile, a prescindere del numero di abitanti. Mentre tale tipologia risulta idonea per coppie senza figli o famiglie molto giovani, in alcuni casi, lo stesso tipo di casa è dimora per nuclei famigliari di 10 o 11 persone con evidenti carenze di spazio. Ne consegue una tendenza all'ampliamento spontaneo che porta a saturare i patii delle case o, in alcuni casi, ad invadere lo spazio strada con ampliamenti di fortuna.
Un secondo problema è dato dalla scarsa qualità delle soluzioni costruttive che si riflette in un comportamento climatico del tutto insoddisfacente sia d'estate quando le case tendono a surriscaldarsi ma ancora di più durante i mesi invernali, quando a Pelotas le temperature scendono fino a sfiorare i 0°C.
Il progetto 3A – Autocostruzione, Architettura, Agopuntura urbana si prefigge di affrontare entrambi questi problemi.
Una ricerca dell'Università di Pelotas condotta da Sara Parlato con collaboratori locali ha analizzato le condizioni climatiche in un numero significativo di case del quartiere Anglo. I dati raccolti hanno permesso lo sviluppo di strategie d'intervento con l'obiettivo di migliorare il comportamento energetico degli edifici mediante dispositivi climatici autoprodotti dagli abitanti sotto la guida dei tecnici. Uno dei primi dispositivi sviluppato prevede l'uso del cartone laminato proveniente dagli imballi di bevande per realizzare pannelli di controsoffitto. Un telaio in legno fa da supporto per una membrana composta da cartoni riaperti e ospita al suo interno altri cartoni interi. Tale pacchetto può essere avvitato direttamente alle travi di copertura isolando così il tetto, che nelle case dell'insediamento PAC è fatto con un foglio di fibrocemento ondulato di pochi millimetri di spessore. Le cellule d'aria che si creano all'interno degli imballaggi
e l'irraggiamento riflesso grazie allo strato protettivo in alluminio di cui sono rivestiti i cartoni da bevanda permette di migliorare di molto le prestazioni della copertura.
Un laboratorio sperimentale svoltosi a fine luglio scorso alla presenza del nostro team italiano è stata l'occasione per mettere a punto la soluzione di “forro isolante” e per organizzare il coinvolgimento degli abitanti nel processo di realizzazione. Oltre a calendarizzare gli incontri di autocostruzione assistita nel salone comunale del quartiere, in questa fase sono stati prodotti documenti illustrativi e tutorial con l'obiettivo di far conoscere a più persone possibili la soluzione individuata.
La bontà della misura è dimostrata dalla richiesta di molte altre famiglie che intendono capire come fare per installare anche in casa loro questa una simile soluzione di cappotto interno. A metà ottobre le case isolate erano già sei con un progressivo coinvolgimento sempre maggiore degli abitanti e sempre meno necessità di affiancarli nelle singole operazioni di falegnameria, lavaggio materiali di riciclo ed assemblaggio dei componenti.
Un secondo ciclo di condivisione è stato dedicato alla produzione di portoncini isolati per le case. Per questo,il progetto prevede il coinvolgimento di un falegname che con l'aiuto degli abitanti ed usando materiali isolanti donati, sta svolgendo laboratori di autocostruzione su questo tema.
Il tema forse più difficile da affrontare riguarda i manufatti spontanei con cui le famiglie, soprattutto quelle più numerose, conquistano spazio aggiuntivo a discapito del patio o, a volte, dello spazio semi-pubblico previsto davanti la casa. Non è raro che questi ampliamenti siano realizzati in modo da occludere le aperture della casa principale, causando ulteriori problemi di salubrità. A questo si aggiunge la sostanziale precarietà delle soluzioni costruttive che si contrappone ad invenzioni spaziali a volte anche molto creative.
Il workshop di cui sopra ha offerto l'occasione per confrontare gli abitanti con alcune soluzioni di pareti utilizzando come materiale di base la terra cruda. Si tratta di una soluzione che, se implementata correttamente, coniuga costi contenuti e solidità. Le singole tecniche sono state scelte in base alle risorse disponibili in loco. Ad esempio è stato relativamente facile reperire canne di bambù da utilizzare come intreccio per pannelli di quincha da rivestire successivamente con terra cruda; una tecnica che in Brasile si chiama pau a pique. La parete sviluppata per la realtà dell'Anglo prevede un doppio strato di intreccio con uno strato isolante interposto. Data l'ampia disponibilità, è sorta l'idea di utilizzare anche in questo caso le caixinhas, i cartoni da bevanda.
Un'altra risorse naturale estremamente facile da reperire nel Rio Grande do Sul è, come abbiamo scoperto, la pula di riso.
I brasiliani amano mangiare e coltivare ingenti quantità di questo cereale. La fibra che avvolge i singoli chicchi, negli impianti di lavorazione, risulta come materiale di scarto. Solo una parte è usata come combustibile e le aziende donano il resto di buon grado . È per questo che, oltre agli altri sistemi che stiamo testando, abbiamo deciso di declinare la tecnica della terra paglia in un nuovo sistema di terra-pula. Il prototipo realizzato è ancora sotto osservazione. Prima di proporlo per l'ampliamento di qualche casa vogliamo aspettare i risultati.
Nel mentre, il progetto è entrato nella prossima fase in cui il team locale sta ora raccogliendo ulteriori informazioni direttamente dagli abitanti, che nel frattempo hanno partecipato alle attività di costruzione dei primi dispositivi o quantomeno iniziato a curiosare nelle case su cui si è già intervenuti. Obiettivo dei sondaggi in corso in questi giorni è quello di individuare per ogni casa l'intervento di riqualificazione più appropriato. Un piccolo nucleo di famiglie potrà essere coinvolto ancora nella fase finale dell'attuale progetto. Le famiglie saranno scelte mediando tra urgenza d'intervento e disponibilità a partecipare alle attività.
L'auspicio è quello di costituire un modello d'intervento da replicare non appena riusciamo a trovare nuovi fondi per poi, in prospettiva, rendere il processo auto-sostenibile grazie a micro-investimenti che gli abitanti già oggi fanno per migliorare le loro abitazioni.
Al fine di accompagnare questo processo, l'UFPel si sta attrezzando per insediare direttamente nel quartiere un ufficio di assistenza tecnica. Sarà uno spazio in cui gli abitanti potranno incontrare in alcuni giorni della settimana tecnici qualificati e studenti di architettura per confrontarsi sulle questioni di comfort abitativo che li attanagliano.
Noi di AK0 continueremo a seguire tutta questa evoluzione fornendo consulenza a distanza e confrontandoci con i colleghi brasiliani sul da farsi.
Il progetto 3A – Autocostruzione, Architettura, Agopuntura è un progetto di AK0 in collaborazione con Universidade Federal de Pelotas (UFPel) e Architettura Senza Frontiere Onlus e con il supporto di Otto per Mille Valdese
maggiori informazioni:
Presentazione video delle attività della prima fase. A cura di Luana Helena Loureiro, borsista del NAUrb (Núcleo de Pesquisas em Arquitetura e Urbanismo) dell'Universidade Federal de Pelotas (UFPel)