Architettura sperimentale in bambù italiano



Il bambù, materiale già ampiamente utilizzato nell’architettura asiatica e latinoamericana, può essere una prospettiva anche per l’Italia? Questa è la domanda alla base di un’indagine sperimentale promossa dal Dipartimento di Progettazione e Studio dell’Architettura dell’Università di Roma Tre in collaborazione con l’Associazione Italiana Bambù ed altre associazioni promotrici dell’architettura naturale.
Pochi giorni fa è stato completata una prima opera nel comune abruzzese di Roccamontepiano (CH). Nell’ambito di un workshop organizzato dal gruppo di lavoro AkØ (Architettura a chilometro zero) sotto la guida dell’architetto Stefan Pollak, 30 studenti, professionisti e cittadini interessati provenienti da tutta Italia, Inghilterra e Perù hanno costruito un padiglione coperto da un guscio reticolare in bambù.



Il materiale è stato donato da coltivatori di bambù in Toscana e lavorato direttamente in cantiere insieme ad altri materiali naturali quali legno e terra cruda. Sul piano progettuale, la costruzione è un’evoluzione del sistema Domocaña sviluppato dall’ingegnere peruviana Raquel Barrionuevo dell’Universidad Nacional de Ingeniería di Lima e già utilizzato dal gruppo di lavoro romano in una precedente sperimentazione. Nel padiglione realizzato, due travi curve in legno lamellare definiscono il perimetro su cui viene impostato un intreccio di aste in bambù.
Intenzione progettuale era quella di usare al meglio le proprietà strutturali delle aste disponibili. La specie utilizzata, Phyllostachys viridiglaucescens, non raggiunge infatti i diametri e la legnosità delle specie da costruzione delle regioni tropicali (soprattutto Guadua angustifolia), che permettono un uso delle aste all’interno di strutture reticolari quasi rigide. E’ sembrato invece più appropriato sfruttare la proprietà elastica ed utilizzare il materiale sotto forma di asta inflessa. Un sistema strutturale leggero a superficie curva come lo è il guscio reticolare, in cui tutte le parti collaborano in un insieme tridimensionale grazie all’azione di innumerevoli nodi tra le aste, sembrava non solo la scelta tecnicamente più adatta, ma promettente sul piano figurativo.

Con l’aiuto di modelli in scala e simulazioni al computer, il gruppo di progetto è infatti arrivato a definire una configurazione slanciata, arcuata in più direzioni, che si è dimostrata in grado di trovare una collocazione armonica nel paesaggio ospitante, un prato attrezzato nei pressi di una struttura ricettiva ai piedi della Maiella. Elementi lignei e basamento in terra cruda rafforzano il rapporto con il luogo e alludono a nuove modalità di usare tecniche localmente diffuse, come le murature in massone (cob).
Fatte salve alcune lavorazioni prestate a titolo gratuito da ditte locali, tutte le operazioni sono state svolte direttamente dai partecipanti, molti dei quali senza esperienza di cantiere precedente. Si conferma così la validità di una modalità operativa in cui, non solo è possibile realizzare opere architettoniche a costi molto contenuti, ma in cui il cantiere stesso diventa piattaforma di scambio di conoscenza diretta e fonte d’innovazione.
La struttura può essere utilizzata da visitatori per lo svolgimento di piccoli eventi ricreativi e culturali.
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