Una primavera lunga un anno
Finalmente è arrivato il periodo delle feste invernali, quelle dove ci lasciamo andare maggiormente all’istinto animale di andare in letargo, protetti nel nostro rifugio, in quanti umani, la nostra Casa. Ovviamente come sempre non facciamo di tutta l’erba un fascio, c’è chi può interrompere la propria attività lavorativa e chi no. C’è chi ha un lavoro e chi no.
Gaia è una di quelle che può andare in letargo.
La prima mattina di vacanza Gaia decide di lasciare le tapparelle della finestra semi aperte, così, che anche se la sveglia non suona, è certa che prima o poi almeno un raggio di sole la svegli, e non dormirà davvero tutto il giorno. Quel giorno di pausa meritato.
Gaia è tesa su un filo, sotto di lei il vuoto immenso di un paesaggio naturale senza confini. Da piccola aveva fatto qualche lezione di Circo, ma la paura la immobilizza, non riesce a muovere neanche un minimo arto. E così è sospesa. Tra ciò che ha passato e il suo futuro. Davanti a sé vede in lontananza un altopiano che sembra accogliere dolcemente il filo teso su cui Gaia è finita. Se si concentra riesce anche a sentire delle voci, e a vederne le sinuose figure in lontananza muoversi sull’altopiano, al sicuro.
Gaia si ricorda degli strumenti appresi nel corso di questi due pesanti anni di pandemia e ad un tratto le è tutto più chiaro: sa che se veste la sua mascherina auto-cucita, l’equilibrio la accompagnerà verso quel luogo sicuro. E così con la sua colorata mascherina e quel mistico potere di bilanciamento riesce a superare la difficile prova di funambolo e arrivare su un terrapieno naturale in mezzo a nuove persone. Parlano una lingua differente dalla sua, ma la accolgono con un calore particolare. Tanto che in breve è una di loro, sta tastando la terra che tutti attorno a lei lavorano, e ne sta verificando attentamente la granulometria con un semplice gesto delle dita. Gaia è tornata libera, con un gran sorriso guarda l’infinito cielo blu che la sovrasta e respira a pieni polmoni quell’aria di libertà, fino a che il suo sguardo non ricade sull’orto FIERTÉ, si rende conto di essere a PRIKRO, COSTA D’AVORIO. Vede in lontananza Blandine lavorare con a fianco gli altri muratori, mentre più in là c’è chi lavora con il bambù per la struttura dell’edificio che insieme stanno tutti costruendo: lingue e culture diverse ma un unico sogno… quello di una costruzione a carattere sperimentale ispirata alle tradizioni costruttive locali ma rinnovata in alcuni suoi dettagli, ed in un istante la terra cruda avvolge l’olfatto di Gaia…
Gaia apre gli occhi il raggio di sole è ormai entrato dentro casa, la ferisce sul volto spronandola ad alzarsi. Intorno a sé solo silenzio, tepore del giorno che verrà, e coperte a proteggerla. Gaia guarda fuori dalla finestra, la neve copre il pino che ha davanti casa. Sembra una giornata soleggiata, ma Gaia non è pronta per uscire dal letto. Quel raggio di sole scorre via dai suoi occhi fino alla sua bocca, che si piega in un lieve sorriso, e il sogno ricomincia.
Gaia si rialza, è caduta dalla fune, ma essendo l’altopiano quasi all’altezza di essa, non si fa male. Si rialza dal terreno solido, si ricompone, e si guarda attorno. Lo scenario intorno a lei è cambiato. Non trova più nessuno dei suoi compagni dell’orto di Prikro. Dove sono finiti, si chiede. Si tocca la testa, le gambe, le braccia, ha fatto una bella caduta, ma è ancora viva. Nell’aria che la circonda c’è qualcosa che la appesantisce. Un caldo particolare la avvolge all’improvviso. Un attimo dopo la pioggia lo colpisce ticchettandole in testa incessante, finché non arriva a sentire un freddo pungente. Si affaccia fuori dalla finestra e si accorge di non essere la sola in quella situazione di disagio. I suoi vicini vivono in una casa molto simile alla sua. Gaia esce fuori e prova a parlare con tutti loro, bisogna adoperarsi per capire come utilizzare i materiali a disposizione, unire tecniche di costruzione con materiali naturali, adoperare la Tecnè che il gruppo ha a disposizione per sviluppare soluzioni che assicurino la qualità di un vivere degno per tutti. Gaia è ora a PELOTAS, in BRASILE, e propone ai suoi compagni una riflessione sulle risorse a disposizione, umane e materiali. È qui che nasce il progetto di AUTOCOSTRUZIONE ASSISTITAE RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA.
Gaia apre gli occhi, guarda l’orologio, sa che la aspettano per festeggiare le feste, ma ancora non riesce a darsi per vinta. L’anno è finito e vuole godersi a pieno quella fine, quel termine, che tutto chiude e tutto porta ad aprire, necessariamente. Volta le spalle alla luce del sole, e coprendosi con il piumone si avvolge del tepore notturno fin sopra le orecchie. Gaia ricade nel sogno…
Gaia è di nuovo su un filo teso, ma stavolta è sospesa sopra teste di uomini che la deridono, distanti da lei, non la riconoscono. È sola. Fino a che non vede un fuoco in lontananza. Ci sono molte persone riunite attorno ad esso. Deve riuscire anche stavolta a superare quel filo teso, deve concentrarsi. Il fuoco e le voci lontane la distraggono a tal punto dalla paura che in un secondo Gaia è tra loro, al sicuro. È arrivato in un orto, ma ancora una volta la lingua che si parla è diversa, sembra essere quella di Gaia. Sono tutti intorno alle tre nuove strutture in terra cruda, in una vi è del fuoco, in una scorre l’acqua, nell’ultima la terra attende. È il progetto realizzato a BENEVENTO: TERRA ACQUA E FUOCO, nello spazio FATTORIA SOCIALE ORTO DI CASA BETANIA. Qui il gruppo di lavoro ha fatto proprio lo spazio, uno spazio aperto, ad uso collettivo. Gaia vede le loro realizzazioni: elementi costruiti assieme che hanno preso vita nel rituale della condivisione del pasto. Lo spazio accoglie il rito, il luogo sacro e mistico dove l’uomo esce fuori dalla propria individualità per ritrovarsi parte di un tutto, di una pluralità, di una collettività che con i suoi riverberi e le sue congiunzioni lo fa sentire un “essere nel mondo”.
Gaia riapre definitivamente gli occhi e l’emergenza sanitaria sembra essersi assopita, ha costruito una rete che con coscienza può sopravvivere anche al distanziamento sociale. Attraverso l’azione del fare architettura assieme, collaborare all’apprendimento di nuove tecniche con materiali che si hanno a disposizione nell’hic et nunc, indagare e investigare insieme le materie prime e trasformarle in strumenti che soddisfino i bisogni di vivere degno di tutti gli uomini, abbattendo le frontiere della lingua nell’attività collettiva del poter fare assieme.
Così l’uomo è uscito dalla caverna platonica costruendosi un nuovo spazio di incontro, condivisione e comunicazione. Così Gaia è uscita dal letto e colma del bagaglio appreso quest’anno, esce a festeggiare la fine di un anno e l’inizio del nuovo.