fLOW-TECH _ come funziona un impianto di fitodepurazione


a cura di Stefan Pollak e Luca Denti
foto di Alessandro Ardovini, Annabel Frearson, Sara Saltarelli
illustrazioni di Stefan Pollak

Il team di AK0 si è prefissato tra i suoi obiettivi quello di promuovere un architettura contemporanea in sintonia con l'ambiente. In questo quadro, l'attenzione a quei sistemi costruttivi in grado di fornire prestazioni tecniche adeguate senza causare impatti eccessivi deve necessariamente sposarsi con una visione olistica dell'abitare. Pensare, anche per una piccola casa di villeggiatura, ad un sistema in grado di chiudere il ciclo delle acque rientra in questo processo.
E' con questo spirito che è stato dato avvio al workshop didattico-sperimentale fLOW-TECH, tenutosi ad agosto 2013 in Provincia di Viterbo. All'iniziativa hanno partecipato 9 persone con background differenti: architetti, ingegneri, permacultori oltre alla famiglia, futura abitante del piccolo manufatto abitativo.
I lavori si sono svolti con la consulenza dell'agronomo Luca Denti che da anni realizza impianti di fitodepurazione ed ecosistemi produttivi. E' sua la spiegazione del funzionamento d'impianto che qui tentiamo di sintetizzare. Chiaramente il modo per imparare veramente come funziona è stato quello di dedicare 6 giorni a farlo direttamente con le proprie mani.


_CLASSIFICAZIONE DELLE ACQUE REFLUE
In cosa consiste l'intervento? Obiettivo è quello di dotare una piccola casa di villeggiatura di un impianto di trattamento delle acque reflue. Qui si può fare una prima distinzione; le acque che si possono accumulare in e intorno ad un'abitazione sono sostanzialmente di tre tipi:
_ acque bianche: sono le acque piovane raccolte in copertura ed eventuali troppo-pieno di vasche d'irrigazione o simili, quindi acque sostanzialmente pulite anche se non necessariamente da considerare “potabili” a norma di legge.
_ acque grigie: sono gli scarichi provenienti da cucina, doccia, lavandino, lavatrice e utenze simili. Caratteristica principale delle acque grigie è il loro contenuto di grassi e sostanze tensioattive (saponi).
_ acque nere: sono gli scarichi del WC, caratterizzati da una carica batterica ed un contenuto di sostanze inquinanti quali nitrati, nitriti, fosforo e/o microrganismi patogeni troppo elevati da poter essere immessi nell'ecosistema senza trattamento.

_TIPI DI IMPIANTO
Una prima distinzione degli impianti di fitodepurazione è di natura ecologica, ossia in funzione delle piante in essi attive. Possono esistere:
_ sistemi a idrofite galleggianti
_ sistemi ad idrofite radicate sommerse
_ sistemi a microfite (alghe unicellulari)
_ sistemi a macrofite radicate emergenti

In questa sede ci si concentra su quest'ultima tipologia che può essere a sua volta distinta a seconda se si presenta con superfici d'acqua a vista o meno. Come illustrato in fig. 1, si distingue infatti tra:
  1. impianti di lagunaggio (anche detti "a flusso superficiale" o "free water surface" FWS), veri e propri stagni, spesso ornamentali e a volte balneabili;
  2. impianti secchi, cosiddetti “a flusso sommerso”. Nel caso di quest'ultimi il pelo dell'acqua rimane di almeno 10cm al di sotto del piano di campagna; essa attraversa infatti una vasca piena di ciottoli o ghiaioni che fanno anche da supporto per le piante.

Gli impianti di quest'ultimo tipo si suddividono ulteriormente in:
a) a flusso sommerso verticale (vertical sub-surface flow VSSF)
b) a flusso sommerso orizzontale (horizontal sub-surface flow HSSF)
 Fig. 1: tipi di impianto di fitodepurazione


Fig. 2: esempio di lagunaggio fitodepurante, balneabile a Weidling, Austria_realizzazione 2004


Fig. 3: impianto a flusso sommerso orizzontale realizzato nell'ambito del workshop fLOW-TECH. In attesa della piantumazione il campo di ghiaia viene utilizzato come campo per il calcetto dai giovani abitanti del posto.

Due sono i criteri principali da ponderare nello scegliere un sistema piuttosto di un altro: l'esigenza di spazio e la richiesta di manutenzione.
I sistemi di lagunaggio necessitano infatti di superfici nettamente maggiori (fino al doppio) rispetto a quelli sommersi. In quest'ultimi può essere più onerosa la manutenzione, specialmente se come quasi sempre nel caso di sistemi a flusso sommerso verticale, è necessaria l'istallazione di pompe o simili mezzi meccanici per riportare in quota le acque depurate.
Nel caso qui descritto si è optato per un sistema a flusso sommerso orizzontale con un bacino di 3,5 x 7m sul fondo (ca. 30mc di invaso).


_COMPONENTI DELL'IMPIANTO
La presenza dei tre tipi di acque da trattare, bianche grigie e nere, ha suggerito il seguente schema d'impianto:
 Fig. 4: schema d'impianto per un sistema domestico a flusso sommerso orizzontale.

Dalla copertura dell'edificio sarà raccolta acqua piovana in una cisterna interrata con 5.000l di capienza (A). Tale acqua sarà a disposizione per irrigare e per attivare lo sciacquone del WC.
Le acque grigie sono immesse direttamente in un degrassatore (1). Un pozzetto d'ispezione (2) raccoglie le acque grigie pre-trattate, provenienti dal degrassatore e le acque nere, provenienti direttamente dal WC della casa. Tale miscela di liquami si immette nella fossa Imhoff (3), un serbatoio di decantazione a doppio invaso, sagomato in modo tale da permettere la deposizione lenta delle sostanze più solide ed il deflusso di acque parzialmente trattate. All'interno del serbatoio Imhoff avviene già anche un primo processo digestivo, tanto da abbattere la carica batterica dei liquami di un 30% circa.

Fig. 5: messa in opera di degrassatore e pozzetto d'ispezione.

L'efficacia di tale operazione può essere verificata grazie alla presenza di un altro pozzetto (4) interposto tra la Imhoff e la vasca di fitodepurazione vera e propria (5). E' qui che dovranno essere presi eventuali campioni d'acqua per valutare l'abbattimento avvenuto nella Imhoff e la qualità dell'acqua che sarà immessa nella vasca di fitodepurazione.

La vasca è dimensionata e sagomata in modo tale da richiedere all'acqua immessa circa 5 giorni per attraversarla interamente. In tale lasso di tempo, la stessa beneficerà di processi multipli, tutti efficaci al fine di abbattere il contenuto di sostanze inquinanti:
_L'acqua viene infatti ossigenata grazie all'effetto filtrante del volume di ghiaia e ghiaione attraversato e, soprattutto, grazie al contributo delle piante acquatiche, prevalentemente macrofite radicate emergenti, che captano ossigeno dall'aria e lo conducono in profondità verso l'estremità delle radici. Questo compito riesce particolarmente bene a tutte quelle piante con sezione cava come ad esempio la cannuccia di palude (Phragmites australis), molto utilizzata per questi scopi.
_ La riduzione della carica batterica è però meno opera delle piante stesse quanto di microrganismi ospitati in prossimità delle radici delle stesse. La presenza di un folto apparato radicale serve infatti soprattutto per offrire a tali microrganismi un habitat favorevole per svolgere la loro azione depurante.

Alla fine del trattamento, le acque sono raccolte da un collettore orizzontale, costituito da un semplice tubo a T con fori a distanza regolare, e convogliate verso il pozzetto d'ispezione finale (6). Tale pozzetto ha il duplice scopo di permettere il controllo del livello idraulico dell'intera vasca e di facilitare la campionatura dell'acqua trattata al fine del controllo biologico finale. Un ultimo tubo conduce l'acqua, ormai depurata, fuori da tale pozzetto; nel caso presentato qui verso un fossato naturale presente a pochi metri dall'impianto.
Pur non avendo a norma di legge qualità potabile, una volta percorso tutto l'impianto l'acqua potrà essere considerata biologicamente pura. Sarebbe facilmente immaginabile installare un'ulteriore cisterna a valle dell'impianto per utilizzare l'acqua depurata a fini irrigui o simili.

_DIMENSIONAMENTO
Il caso qui analizzato si riferisce ad una piccola dimora di villeggiatura per una famiglia di 4 persone. L'uso della casa è saltuario; in compenso nei periodi di presenza è prevedibile che la casa funga da base di appoggio per ospiti della famiglia che possono accamparsi sul terreno ed usufruire dei servizi della casa. Si stima pertanto un carico di 5 abitanti equivalenti.
All'abitante equivalente, grandezza suggerita dalla normativa come base di calcolo per il dimensionamento degli impianti di depurazione, corrisponde nel caso di civile abitazione un consumo idrico di 200l giornalieri. Per impianti dedicati ad altre tipologie di edifici a questo valore sono applicati dei coefficienti di riduzione (o più raramente di incremento).

Nel nostro caso si può quindi prevedere che nell'impianto saranno immessi mediamente 1.000l di acque grigie e nere al giorno. Le acque bianche non sono contemplate in questo calcolo in quanto non necessitano di trattamento. Cosa fa di queste acque, sostanze da depurare? Assumendo il caso in cui le acque da trattare siano esclusivamente di provenienza domestica, escludendo quindi immissioni di sostanze chimiche ad uso industriale, possiamo trascurare l'apporto di microinquinanti organici quali pesticidi o simili e di metalli pesanti, che devono invece essere contemplati in altri tipi di impianti.

Nel caso domestico si può affermare che il problema principale degli scarichi idrici è dato da un surplus di sostanze nutrienti, che se immesse direttamente nei corpi idrici naturali può causare un'eutrofizzazione e conseguenti squilibri degli ecosistemi acquatici degli stessi. Principalmente ciò è conseguenza degli azoti e del fosforo presenti negli scarichi cui si aggiungono solidi sospesi e materia organica. Per quest'ultima è stata introdotta la misura BOD5 (biological oxigen demand in five days) che indica la quantità di ossigeno biologico che richiede il campione d'acqua per degradare (mediante processi batterici aerobici ed anerobici) la materia organica presente. Si assume che per ogni abitante equivalente la richiesta di ossigeno sia di circa 180 mg/l per le acque grigie e di circa 570 mg/l per le acque nere.

Tornando al nostro caso, l'impianto dovrà quindi fornire 750 g di ossigeno al giorno.
Per il passaggio da questo valore, che è già frutto di una semplificazione numerica strumentale allo svolgimento del calcolo, ci serviamo a sua volta di modelli numerici, cui per loro natura sfuggono tutta una serie di sfumature sulla realtà. Nonostante questa doverosa messa in guardiapuntualizzazione sull'affidabilità della modellazione numerica, possiamo affermare che un primo dimensionamento superficiale può essere ottenuto con la semplice formula:

A = ae x 4,5mq 
dove A = superficie dell'impianto e ae = numero degli abitanti equivalenti

Unica specifica aggiuntiva da considerare è che idealmente il rapporto tra i lati sia compreso tra 1:2 e 1:3; ossia che sono da evitare disposizioni della vasca troppo strette e lunghe o troppo vicine al quadrato. E' evidente che la scelta per una sagoma piuttosto che un'altra è spesso dettata dalle condizioni del luogo.
Nel nostro caso si può quindi affermare che un invaso di 3m x 7,5m (22,5mq) sembra costituire una soluzione appropriata.

Tale risultato può ora essere verificato mediante una formula leggermente più complessa, relativa al metodo di Reed (1995):


A = superficie dell'invaso con 1 /2 > L/W > 1/ 3 (rapporto tra lunghezza e larghezza)
Q = portata [m3]
t = tempo di residenza idraulica [d]
y = profondità del bacino [m]
n = porosità del medium [%]
ci = concentrazione in ingresso
co = concentrazione in uscita
KT =costante alla temperatura definita come segue:

KT = KR * θR (TW-TR)
TW = temperatura dell'acqua nel bacino
KR, θR, e TR sono costanti definite in funzione dell'inquinante da rimuovere. Per le sostanze organiche (BOD) valgono:
KR = 0,678/d
θR = 1,06 (coefficiente di temperatura)
TR = 20 °C (temperatura di riferimento)


Nel nostro caso specifico possiamo operare con i seguenti valori:
TW = 14 °C (temperatura media dell'acqua nel bacino)
Q = 1,0 m3
ci = 750,0 mg/l (vedi sopra)
co = 52,5 mg/l (7% di ci ; derivante da abbattimento del 30% in Imhoff + abbattimento del 90% in vasca)
y = 0,7 m
n = 40% (funzione della granulometria della ghiaia usata)

Vale inoltre:
KT = 0,678 d-1 * 1,06 (14 °C - 20 °C) = 0,678 * 0,705 d-1 = 0,478 /d

Abbiamo quindi:
A = Q * ln (ci /co) / KT * y * n
= (1,0 m3/d * 2,66) / (0,478 /d * 0,7 m * 0,4) = 19,9 m2
Per prudenza si è scelto di adottare il valore maggiore tra i due; confermando un invaso di 3,0 x 7,5 m.


_DETTAGLI TECNICI
Nella messa in opera dell'impianto alcuni dettagli richiedono una cura particolare al fine di garantire il buon funzionamento, soprattutto da un punto di vista idraulico.
Una prima verifica va infatti eseguita sulle pendenze che dovranno permettere alle acque reflue di percorrere correttamente tutte le parti del sistema. E' buona norma che tutte le condutture in PVC o polietilene abbiano una pendenza non inferiore al 2%. Un tubo lungo 5m avrà pertanto un dislivello di 10cm tra ingresso e uscita.
Ancor più importante è il controllo della pendenza sul fondo dell'invaso. Questa deve essere infatti dell'1% esatto. Per il nostro bacino lungo 7,5m dobbiamo avere pertanto un dislivello di 7,5cm.

L'invaso del bacino è protetto da una geomembrana che ne impermeabilizza il fondo. Si tratta nel caso illustrato di una membrana in EPDM (Ethylene-Propylene Diene Monomer), una gomma sintetica molto resistente agli agenti atmosferici. Onde evitare lesioni della stessa per via di radici o pietre presenti sotto o all'interno dell'invaso, la membrana è protetta su entrambi i lati da fogli di tessuto non tessuto (TNT).
Come viene immessa l'acqua nel bacino? L'acqua da trattare arriva da un pozzetto d'ispezione a monte mediante un tubo, nel nostro caso di 125mm di diametro. Il pozzetto ci permette di verificare la qualità dell'acqua in entrata e paragonarla con quella presa da un altro pozzetto posto a valle dell'invaso.
Il tubo in pendenza si dirama tramite una T e due bracci di tubo orizzontali che vanno ad occupare l'intera larghezza del bacino. Su questo tubi orizzontali sono praticati dei fori a distanza regolare. Nel caso specifico sono stati fatti fori di ø 30mm ogni 20cm circa (Fig.6b). Tale tubo sarà posto a 2/3 dell'altezza del medium filtrante e completamente annegato in un volume di ghiaione di grosso taglio. Un tubo equivalente farà da collettore finale ed è posto all'estremità direttamente sul fondo della vasca. In Fig. 6a si vede la disposizione provvisoria dei tubi descritti.
Fig. 6: a) disposizione provvisoria dei collettori d'entrata e uscita b) foratura del tubo collettore mediante trapano a tazza.

Lungo il percorso orizzontale, si presentano infatti cambi di granulometria della ghiaia che riempie l'invaso: il primo e l'ultimo metro circa sono costituti da ghiaione di grosso taglio (ca. 60-150mm), mentre nella parte centrale è posta ghiaia di taglio medio (25-60mm). Tutta la superficie è coperta da ghiaia più fine (0-20mm).
Particolare attenzione va dedicata al punto in cui i tubi di entrata ed uscita punzonano la membrana. Essendo il suo scopo quello di evitare il passaggio di liquidi dall'interno della vasca verso l'ambiente esterno, è evidente che i tagli praticati per far passare i due tubi descritti costituiscono ferite che vanno sigillate con cura. Le normali colle da idraulico, facilmente reperibili in commercio, permettono di incollare i lembi della membrana direttamente sul tubo in PVC previa accurata pulitura delle superfici di contatto (Fig. 7).

 
Fig. 7: preparazione per l'incollaggio nel punto di contatto tubo-membrana

Un altro punto che richiede un'attenzione particolare è il pozzetto finale. Quest'ultimo ha, analogamente agli altri pozzetti la funzione di permettere l'accesso per la manutenzione e per prendere dei campioni d'acqua da analizzare. L'ultimo dei tre pozzetti ha però un'ulteriore ruolo essenziale per il buon funzionamento dell'intero impianto: è infatti qui che si può intervenire per definire il livello dell'acqua all'interno del bacino.
Abbiamo già detto che nei sistemi a flusso sommerso l'acqua rimane sempre almeno 10cm sotto il livello del medium filtrante; vale a dire che la ghiaia in superficie rimane asciutta. Per il controllo del livello idraulico si sfrutta il principio dei vasi comunicanti che fa sì che la colonna di acqua che si accumula all'interno di un tubo ad ombrello posto nel pozzetto (vedi Fig. 8) corrisponde esattamente al livello dell'acqua nel bacino di fitodepurazione. Mediante un foro di troppopieno posto su detto tubo all'altezza desiderata si garantisce il deflusso di acqua in eccesso mantenendo il livello costante, nel nostro caso a 70cm dal fondo della vasca. L'acqua in eccesso cade sul fondo del pozzetto da dove viene allontanata mediante un tubo direttamente verso il fossato. L'acqua a questo punto è pura e potrebbe essere raccolta per uso irriguo o simile.
Fig. 8: sezione sul pozzetto d'ispezione finale con controllo livello idraulico.

La modalità di controllo livello appena descritta è solo la più semplice ed obbliga a definire una volta per tutte il livello idraulico che si vuole ottenere. E' pensabile anche di avere fori alternativi a varie altezze con appositi meccanismi di otturazione regolabili. Ciò permette di poter graduare il livello d'acqua nella vasca a vantaggio delle colture sovrastanti. Per esempio è possibile tenere un livello idrico molto alto nei primi giorni successivi alla messa a dimora delle piante acquatiche. Una volta sviluppato un minimo di apparato radicale può essere opportuno invece ridurre il livello anche sotto quello di regime al fine di "spronare" le piante a formare radici più lunghe.

Prima di mettere in funzione l'impianto è bene rifinire con cura il bordo della membrana, ossia quel punto dove il campo di ghiaia dell'invaso incontra la terra del piano di campagna. L'immissione eccessiva di terra nella vasca può compromettere l'efficacia del sistema. Si corre infatti il pericolo di ridurre la porosità del medium filtrante fino a rischiare l'occlusione dei collettori.
E' per questo motivo che tutto attorno alla vasca si dovrà predisporre una piccola trincea (della sezione di un badile e profonda circa un palmo) necessaria per rimboccare ed interrare il lembo libero della geomembrana.
 Fig. 9: fasi di realizzazione della trincea di bordo.


Nella Fig. 9 si vede come, onde evitare il contatto tra terra e ghiaia, si è optato per avere una striscia consistente di membrana (protetta da tessuto non tessuto) a vista. In fase di piantumazione qui potranno essere inserite delle succulenti cadenti sempreverdi in grado di coprire l'anestetica striscia nera.

_ASPETTI BOTANICI
Le piante da utilizzare per un impianto a flusso sommerso appartengono sostanzialmente alla famiglia delle macrofite radicate emergenti. Piante a sezione cava, come il giunco o la cannuccia di palude garantiscono un buon apporto di ossigeno verso le radici. Vi sono però molte altre piante, più o meno ornamentali, in grado di svolgere l'azione depurante, o meglio di ospitare nel proprio apparato radicale l'insieme di microrganismi in grado di farlo.

Nel caso illustrato, la piantumazione non è ancora stata eseguita. La scelta delle piante da inserire attingerà alla lista delle seguenti specie:
_ Felci
_ Salcerella
_ vari tipi di Iris
_ Carex elata
_ Caltha palustris
_ Thyfa latifolia
_ Canna indica
_ Oleandro

La gamma può essere anche più ricca e suggerisce diversi approcci di design dell'impianto che ad ogni modo ha tutte le carte in regola per essere giardino accogliente oltre che impianto di depurazione.
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WORKSHOP INTONACO IN TERRA CRUDA - 13/15 dicembre 2013 - Roma

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